Dalle origini sino ad oggi...
LA STORIA DEL BORGO
DALLA PREISTORIA ALL'UNITÀ D'ITALIA
L’attuale nucleo abitativo di Arquà, dal latino Arquatum o Arquata volgarizzato poi in Arquada, va a designare quel Borgo che mantiene ancora in gran parte intatto il suo aspetto trecentesco, e che fu abitato, negli ultimi anni della sua vita, dal Poeta Francesco Petrarca. Le origini di Arquà sono chiaramente medievale e le si può far risalire al periodo in cui veniva a collocarsi su di una probabile linea difensiva che doveva esistere già in epoca barbarica e che collegava la Rocca di Monselice, centro della locale giurisdizione politico amministrativa longobarda, con Valle S. Giorgio, Cinto Euganeo e la fascia pianeggiante verso Vicenza, a ponente dei colli.
Andando più indietro nella storia si scopre che il territorio si Arquà ha origini antichissime. Presso il Lago della Costa è stata rinvenuta, sul finire del 1800, una stazione preistorica risalente alla fine dell’età del bronzo, sviluppatasi sulle rive stesse del laghetto ai confini dei territori di Arquà e Monselice. Il territorio di Arquà, dopo essere stato abitato dagli antichi veneti, al tempo dell’Imperatore Augusto fu inquadrato nella Decima regione e molti, infatti, sono gli elementi che ricordano la dominazione romana a partire dai toponimi (Bignago da Bennius, Mercurana da Mercurius) sino ad arrivare al ritrovamento di numerosi reperti archeologici quali cippi funerari, monete imperiali e condutture per lo scarico dell’acqua.
IL NUCLEO MEDIEVALE
In un documento del 985 si attesta, ad Arquà, la presenza di un castello abitato da Rodolfo Normanno. È proprio sull’altura dove si collocava l’antico castello (denominata Monte Castello in ricordo delle fortificazioni oggi scomparse), che si può collocare l’originale nucleo medievale da cui si è sviluppato il Borgo più tardi abitato dal Petrarca. Inoltre, sempre ai piedi e a mezza costa della collina, sorsero gli edifici per il cult: uno votato a Santa Maria e ricordato con l’importante titolo di pieve nel 1026, l’altro della SS.Trinità e menzionato nel 1181 (entrambi dotati di fonte battesimale). La località nel ‘200 divenne feudo dei Marchesi d’Este, per poi entrare nell’orbita politica di Padova. Elevata, infine, dalla signoria Carrarese al rango di vicaria, fu allora che Arquà ebbe la ventura di ospitare il Petrarca e di accoglierne le spoglie mortali. Le cose non cambiarono sotto la dominazione della Serenissima, fin dal 1405 subentrata al dominio carrarese. Arquà mantenne intatta l’ampia giurisdizione vicariale che comprendeva molti centri dell’area euganea come Galzignano, Montegrotto, Abano sino a Valbona. In questo periodo la fama e la moda petrarchesche spinsero diverse famiglie aristocratiche padovane e veneziane (Cotarini, i Pisani, i Capodivacca, gli Zabarella ecc.) a costruire delle dimore di nobile fattura. Il paese così completò l’assetto urbanistico che tutt’ora conserva, anche se dopo il secolo XVI non si costruì più molto. Alla caduta della Repubblica Veneta Arquà perse importanza, ma nel 1866, dopo l’annessione del Veneto all’Italia, fu elevato alla dignità di Comune e nel 1868 poté aggiungere al nome di Arquà quello di Petrarca.
ARQUÀ ED IL PETRARCA
È probabile che Francesco Petrarca abbia conosciuto Arquà, per la prima volta, nel 1364 mentre si trovava ad Abano per curarsi alle terme dalla scabbia. Nel 1369, poi, Francesco il Vecchio donò un appezzamento di terreno ad Arquà al Poeta che dal 1365 era divenuto canonico presso la collegiata della vicina Monselice. Già nella primavera del 1369 il Poeta in persona si recò ad Arquà a sovrintendere i lavori di restauro della casetta che inizierà ad abitare dal marzo del 1370; avrà allora inizio il “buen ritiro”. Così viene descritta Arquà al tempo del Petrarca, in un documento che si trova nel Museo Civico di Padova: “vasti boschi di castagni, noci faggi, frassini, roveri coprivano i pendii di Arquà, ma erano soprattutto la vite, l’olivo e il mandorlo che contribuivano a creare il suggestivo e tipico paesaggio arquatense”. Una vegetazione e una pace che forse hanno richiamato alla mente del poeta un’altra terra a lui cara, la Toscana, e così si decise a stabilirsi in una casa decorosa che si distingueva certamente dalle altre assai povere dei contadini e degli artigiani.
Tuttavia, il nome di Arquà non è legato solo al Poeta, si ricordano infatti i numerosi notai e religiosi che da qui provennero anche se se senza dubbio il più famoso fu Jacopo d’Arquà della famiglia Paradisi. Medico al servizio presso la corte del re Lodovico d’Ungheria fu collega di Giovanni Dondi dall’Orologio amico del Petrarca. È da ricordare perché, nel testamento, non dimenticò il paese natale con un’opera benefica che consisteva nella costruzione di una cisterna per lo sfruttamento dell’acqua a beneficio di tutta la comunità.